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AMMINISTRATIVO - La “ragionevolezza del termine” nell'annullamento in autotutela

Con la L. 124/2015 il legislatore è intervenuto sull’annullamento d’ufficio, ex art. 21-nonies della legge sul procedimento amministrativo, introducendo il termine di diciotto mesi, decorrenti dall’adozione dell’atto, per l’esercizio del potere di autotutela fermi restando i presupposti legittimanti l’esercizio del riesame demolitorio, ossia l’illegittimità del provvedimento ai sensi dell’art.21-octies della l. 241/90, e la sussistenza di un interesse concreto e attuale alla rimozione dello stesso. Una modifica importante rispetto all’assetto della disciplina previgente poiché si è passati da un termine indeterminato ed elastico, visto che la p.a. poteva esercitare l’annullamento in autotutela «entro un termine ragionevole» da quantificare di volta in volta in base a vari elementi, ad un termine certo di diciotto mesi.

Il Tribunale di Latina con sentenza del 24 agosto 2018 nr. 460, sulla scia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.8 del 2017, ha chiarito che la ragionevolezza del termine entro cui può essere annullato d’ufficio un provvedimento amministrativo deve essere valutata in concreto, in relazione al grado di complessità degli interessi coinvolti e alle circostanze d’azione che accompagnano la vicenda.

La vicenda prende le mosse dall’annullamento d’ufficio da parte del Commissario straordinario di Latina, avvenuto con delibera n.210/16, dei provvedimenti di Giunta n. 474/12 e n. 278/13, relative al procedimento connesso alla sospensione del visto P.P.E. R/6 Quartiere Isonzo in quanto i volumi previsti entravano in contrasto con le previsioni del vigente P.R.G.

Nel caso di specie il potere di autotutela esercitato, in base ai principi che regolano la successione delle norme nel tempo, è regolato dal previgente art 21-nonies della l. 241/1990 in quanto l’atto di annullamento di ufficio è relativo ad  un provvedimento di Giunta comunale del 2012, circostanza che ha imposto al Collegio giudicante la necessità di chiarire se sia avvenuto in un “termine ragionevole”.

In primo luogo, si è rilevato che l’art. 34 della legge regionale n.15/2008, richiamato come “soccorso analogico”, attribuisce alla Regione, nell’esercizio del potere di vigilanza, il limite temporale di dieci anni per poter annullare provvedimenti locali in contrasto con gli strumenti urbanistici generali.

In secondo luogo. si è sostenuta la ragionevolezza del termine in base alle “attività certatorie compiute e delle vicissitudini che hanno caratterizzato l’amministrazione comunale di Latina nel biennio 2015/2016” dove emerse chiaramente la volontà del Sindaco, poi sfiduciato, di azzerare il procedimento di approvazione del p.p.e. e sostituirlo con un percorso procedurale diverso, teso all’approvazione di una variante di p.r.g. ai sensi dell’art. 4 della L.R. n. 36/1987 quale modo di conservare le disposizioni approvate dalla Giunta comunale attraverso un diverso e corretto iter procedurale.

Da questi elementi i giudici hanno ritenuto non esistenti i presupposti per una posizione di affidamento legittimo del privato al mantenimento del P.P.E, come è possibile riscontrare nella motivazione del commissario straordinario nell’atto di annullamento dove sono specificate le ragioni poste a sostegno dell’atto tutorio, mentre hanno riscontrato l’interesse specifico all’annullamento d’ufficio, che essendo un’attività di ordine urbanistico/edilizio, è identificato con la necessità di ripristino della legalità violata ai fini del corretto assetto del territorio (Cons.St., IV, 5.2.2015 n. 562).

 A cura del Dott. Mario Romanzi

(Sentenza T.A.R. Lazio, sede Latina, n. 460 del 24 agosto 2018)